Archivio postcapitale (1989-2001) La Biennale di Venezia.

Magazzino del Sale 3, Dorsoduro 264
30123 Venècia

L’Archivo Postcapital(1989-2001)www.postcapital.org – è stato presentato per la prima volta nel 2006 presso il centro La Virreina-Exposiciones di Barcellona, come parte del progetto Postcapital. Política, ciudad, dinero [Postcapitale. Politica, città, soldi], insieme alle opere dell’artista Carlos Garaicoa e del saggista Iván de la Nuez. Da allora, questa proposta multimediale in costante sviluppo – che agli utenti consente non soltanto la consultazione, ma anche la copia e addirittura la modifica – si è ampliata nel corso di esposizioni, laboratori, workshop e interventi nello spazio pubblico, realizzati a Oslo, Santiago del Cile, Brema, Montreal, Istanbul, Dortmund e, più di recente, sotto forma antologica, nel Württembergischer Kunstverein di Stoccarda.

Nella sua configurazione attuale, l’archivio include più di 250.000 documenti compilati tramite Internet da Daniel G. Andújar nel corso di quasi dieci anni di lavoro creativo. Questi materiali, tra i quali si possono trovare pubblicazioni, videoclip, audio e banche di immagini, tracciano una vasta radiografia delle trasformazioni geopolitiche e della situazione delle ideologie comuniste e capitaliste nel periodo compreso tra la caduta del Muro di Berlino e l’attentato alle Torri Gemelle di New York.

In tutto questo tempo, l’Archivo Postcapital(1989-2001) ha continuato a sviluppare progetti di scala e formato differenti, alcuni dei quali configurano la loro presentazione nell’ambito del progetto La comunidad inconfesable [La comunità inconfessabile]. In questo modo, la proposta sviluppata per il contesto della Biennale di Venezia si articola intorno a due grandi aree tematiche che si confrontano a vicenda: una incentrata sugli immaginari mediatici e sugli stereotipi ideologici generati durante il periodo cronologico compreso tra il 1989 e il 2001, un’altra che riflette sulla natura stessa dell’archivio, sui meccanismi di ordinamento, compilazione e rappresentazione utilizzati per categorizzare le conoscenze. Nella prima di queste due aree rientra il cosiddetto Time Line [Linea del tempo], un’ampia serie di immagini provenienti dal campo dei media e della pubblicità intese a configurare una cronologia soggettiva, creata a partire da contrasti e antagonismi, in cui vengono narrati e illustrati gli eventi politici più diversi che hanno avuto luogo nel periodo postcapitalista. Questa specie di diario visivo adotta come inizio e come fine la campagna pubblicitaria lanciata da una rivista sudafricana caratterizzata dal seguente slogan: “Il mondo può cambiare in un giorno”; tale campagna metteva a confronto due fotografie, una del Muro di Berlino dell’8 novembre 1989 e l’altra del World Trade Center il 10 settembre 2001. Sempre in questo ambito dedicato alla messa in discussione degli stereotipi politici si situa Border Crossings [Attraversamenti di confini], un collage visuale che illustra diverse forme di “sconfinamenti”, da un salto dal Muro di Berlino, al passaggio della frontiera a Ceuta o a La Gomera. In opposizione a questa sequenza viene presentato un video che ricorda il massacro degli studenti in Piazza Tien An Men a Pechino, nel 1989. Infine, sembra opportuno distinguere le opere intitolate Honor [Onore], una compilazione dedicata alla Guerra in Iraq all’interno della quale si mescolano documenti tratti da giornali quotidiani, animazioni di videogiochi e frammenti di filmati amatoriali girati dagli stessi marines americani; No War [No alla guerra], un’antologia di archivi sulle manifestazioni di massa che ebbero luogo nel 2003 in segno di protesta contro il conflitto USA-Iraq, infine, 9/11 Misterios [9/11 Misteri], che contrappone il crollo vissuto dai cittadini nell’area di Ground Zero a New York in quel giorno di martedì 11 settembre 2001, alla situazione di caos politico che si verificò un altro martedì 11 settembre, ma nel 1973 a Santiago del Cile, successivamente al colpo di stato militare del generale Pinochet.

Per quanto riguarda le opere che integrano la riflessione sulle modalità di ordinamento delle conoscenze proposte dall’archivio, vale la pena citare un intervento che si è già trasformato in una sorta di bandiera dell’Archivo Postcapital (1989-2001); esso consiste in due grandi pannelli che riproducono, rispettivamente, i loghi delle principali multinazionali globali e i nomi delle organizzazioni delle sinistre di tutto il mondo, mettendo così a confronto il capitalismo e il comunismo, il mercato e l’ideologia. Sempre in questo stesso spazio semantico, proprio al centro dell’archivio, si colloca il server che aggrega tutti i materiali compilati e che non soltanto offre agli utenti la possibilità di copiarli, ma anche di intervenire sugli schemi organizzativi degli stessi materiali. Per concludere, troviamo due proposte che sono in qualche modo complementari: un’ampia collezione di mappe, grafici e cartografie che interpretano i cambiamenti sociali, politici ed economici recenti, mettendoli in relazione alle immagini delle nuove megalopoli e degli agglomerati urbani; inoltre, la cosiddetta Librería Postcapital [Libreria postcapitale], anch’essa una cosmogonia che include testi, video e altri documenti provenienti da più di duecento autori e che potrà costituire una sorta di canone postcapitalista.

proposta espositiva

Il progetto – esecuzione

Sebbene sia stato concepito come un progetto unitario, La Comunità Inconfessabile si organizza su tre piani espositivi:

1. Una mostra con la quale vengono presentate le proposte create da ciascuno dei partecipanti (Sitesize/Joan Vila-Puig e Elvira Pujol, Technolo­gies To The People/Daniel G. Andújar e Archivio F.X./Pedro G. Romero). Si utilizza la metafora della biblioteca come punto di riferimento o come interfaccia visivo, in modo che ogni intervento rappresenta un avvicinamento “decostruito”, cioè violato senza essere ricostruito, distrutto o in ricostruzione, di questo spazio pieno di sapere, di apprendimento, di teatralità che è la libreria interminabile di Borges, che qui ha il ruolo di punto d’incontro, una specie di meeting point della cosiddetta “comunità dei lettori” di cui parla Blanchot.

2. Un libro che rappresenta una specie di polifonia saggistica a partire dai testi di Maurice Blanchot, Giorgio Agamben, Jean Luc Nancy, Philippe Lacoue-Labarthe, Lars Iyer, Peter Pál Pelbart e Marina Garcés, che sono stati pubblicati in diversi contesti, epoche e mezzi di comunicazione e che, tuttavia, condividono certi punti interrogativi, come per esempio: che è la res communis? In quali spazi politici e mentali si sviluppa il concetto di comunità? Con quali elementi si mette a confronto? Di che si nutre? …

Interrompendo questo naufragio speculativo centrato su che cosa è la res communis, appaiono tre inserzioni realizzate da ciascuno dei tre partecipanti alla proposta, Sitesize, Technologies To The People e Archivio F.X.. Tali punti di inserzione includono un testo di presentazione ai rispettivi progetti artistici; un lavoro visivo concepito specificatamente per il libro e vincolato ai temi presentati con il formato museografico e una conversazione tra l’artista e diversi filosofi, antropologi, storiografi, geografi e direttori artistici (Gerard Horta, Francesc Muñoz, Eduard Masjuan, Iris Dressler, Jacob Lillemose, il collettivo Todoazen, Juan José Lahuerta e Manuel Delgado) con i quali condivide le stesse preoccupazioni ideologiche e concettuali.

3. Il progetto di La Comunità Inconfessabile è completato da una web che documenterà visivamente e testualmente la proposta e avrà il ruolo di un’ampia fonte archivistica centrata sul concetto di res communis a partire dalla prospettiva filosofica, antropologica, delle scienze sociali, dell’arte e anche da altre discipline.

Technologies To The People

Daniel G. Andújar
www.danielandujar.org

www.postcapital.org

Technologies To The People [Tecnologie al popolo] (TTTP) nasce nel 1996, come parte del progetto espositivo Discord. Sabotage of Realities [Dissenso. Sabotaggio delle realtà], realizzato presso la Kunstverein e la Kunsthaus di Amburgo. In principio si presentò come iniziativa virtuale finalizzata a fare avvicinare i progressi della tecnologia alle persone più svantaggiate, una sorta di associazione astratta che si occupava di riprodurre il linguaggio dissuasivo, i tic dell’identità e gli archetipi visivi legati alle società commerciali del settore digitale. Per definire il contesto in cui emerge TTTP, è importante fare riferimento all’esplosione che si stava preparando in quel periodo, allo stato embrionale, nell’universo delle tecnologie informatiche (IT); sorgevano infatti illusioni finanziarie – società quotate in borsa, iniziative rocambolesche o piattaforme senza definizione alcuna – le quali, pur acquisendo un incomprensibile protagonismo mediatico scomparivano come se non fossero mai esistite. Allo stesso tempo, e anche nella fase iniziale della rete, cominciarono a sorgere immaginari che idealizzavano in forma acritica un’ipotetica indipendenza e democratizzazione delle conoscenze che Internet avrebbe portato con sé, ma che poi, tuttavia, non si realizzò mai. Di conseguenza, TTTP si presenta come parodia nel doppio significato citato in precedenza, ovvero, come sconcertante rovescio della medaglia delle ipotetiche nefandezze delle società tecnologiche, ma anche come ironico contrappunto delle prediche degli apostoli della libertà digitale.

Ciò nonostante e se considerato in maniera retrospettiva, si potrebbe dire che durante il suo percorso, TTTP ha sviluppato quattro linee di attività più o meno distinte: una che si realizza intorno al lancio dei prodotti con cui l’associazione partecipa al mercato, ironizza sulla capacità produttiva della propria iniziativa e disegna strategie per collegarsi e creare empatia con gli ipotetici utenti. Nei progetti più importanti di questa sfera rientrano la Street Access Machine [Macchina di accesso alla strada] (1996), una macchina che permetteva a coloro che chiedevano l’elemosina per strada di accedere al denaro digitale; The Body Research Machine [La macchina di ricerca sul corpo] (1998), una galleria interattiva che scannerizzava le catene del DNA del corpo umano, elaborandole per esperimenti scientifici, infine l’x-devian by knoppix, un sistema operativo a codice aperto presentato come parte del progetto Individual Citizen Republic Project: El Sistema [Progetto di Repubblica del Cittadino Individuale: Il Sistema] (2003). Un altro percorso di lavoro è quello della riflessione critica impostata da TTTP sul mondo dell’arte attraverso la Fondazione Technologies to the People, con le sue collezioni di opere distribuite gratuitamente – Photo Collection [Collezione di foto] (1997), Video Collection [Collezione di video] (1998) e Net Art Classics Collection [Collezione di classici dell’arte in rete] (1999) – le quali, già in quel periodo, mettono in discussione l’idea di proprietà materiale e intellettuale. Una terza area concettuale è quella costituita dalla creazione delle cosiddette pagine “e-” (e-arco.org, e-manifesta.org, e-seoul.org, e-valencia.org, e-barcelona.org, e-sevilla.org, e-norte.org ed e-madrid.org, per fare alcuni esempi), che si sono trasformate in vere e proprie piattaforme di riflessione cittadina legate a un ambito culturale specifico e ad alcune problematiche molto concrete. Infine, tra le attività di TTTP vale la pena dedicare un’attenzione particolare alla costruzione del vasto Archivo Postcapital [Archivio postcapitale].

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